Senza il coinvolgimento delle altre potenze globali, il Green Deal rappresenterà un suicidio per il sistema industriale europeo con l’aggravante che l’ambiente non ne benefici in alcun modo; infatti, l’Ue è responsabile dell’8% dell’inquinamento mondiale a fronte del 15% degli Stati Uniti e del 30% della Cina.
Senza il coinvolgimento delle altre potenze globali, il Green Deal rappresenterà un suicidio per il sistema industriale europeo con l’aggravante che l’ambiente non ne benefici in alcun modo; infatti, l’Ue è responsabile dell’8% dell’inquinamento mondiale a fronte del 15% degli Stati Uniti e del 30% della Cina.
Come già più volte sostenuto, non bisogna sostituire l’ideologia alla tecnologia; servirebbe infatti un cambio di tecnologie per puntare alla reale diminuzione delle emissioni di CO2 e non promuovere strategie guidate esclusivamente dall’ideologia green, senza che queste tengano conto delle reali conseguenze delle scelte fatte.
Il Green Deal prevede una massiva riduzione del 55% delle emissioni entro il 2030, anche noto come “Fit for 55”; questo sistema non fa altro che aumentare i prezzi per le aziende, soprattutto nel settore dell’industria pesante, le quali non avranno altra scelta se non quella di far ricadere gli aumenti sui consumatori finali, o addirittura, delocalizzare in altri paesi extra UE dove non ci sono tali regole stringenti. Così si produrrebbero due conseguenze: ecatombe occupazionale in Europa e zero benefici per l’ambiente, visto che le emissioni non prodotte in Europa verrebbero immesse nell’atmosfera in paesi quali l’Asia dove, oltretutto, le regole ambientali sono meno severe in termini di inquinamento.
A quanto pare il Green Deal sta cercando solo ed esclusivamente di spostare il problema dell’inquinamento al di fuori dei confini, sovraccaricando, al contempo, le aziende di nuove normative e burocrazia che faranno perdere posizioni nella scala globale in termini di concorrenza.
I più importanti gruppi industriali europei, del settore marittimo, aereo e atuomotive, per citarne alcuni, hanno scritto una lettera all’UE, chiedendo di essere più aperti al confronto e meno intransigenti.
L’Europa punta tutto sulle energie rinnovabili e sulle batterie, ma se tutti gli elementi indispensabili per sfruttare le prime e costruire le seconde sono in mano alla Cina, mi chiedo se a livello UE esiste un piano per non legarsi mani e piedi alla Cina, desertificando di conseguenza l’economia europea nei confronti dei paesi terzi.
Bisogna, quindi, analizzare le cose in modo competente e non ideologico e le tecnologie non devono passare per l’ideologia.
on. Sergio Berlato
Deputato italiano al Parlamento europeo